"...ma io non sono solo, perché il Padre è con me"
(Giovanni 16,32)

           

Vivere davanti al "Padre" è la condizione per avere
una giusta visione di sé, del mondo e degli uomini.

Il Dio di Gesù

non è un Dio generico che crea il mondo e poi lo guarda con occhio severo, in attesa di poterlo giudicare, premiando i fedelissimi e ributtando i peccatori.
No, il Dio che Gesù ci rivela, con le sue dichiarazioni e con la sua testimonianza, è "Dio con noi", un Dio che si interessa del mondo che ha creato, un Dio che si dona, che gioisce e soffre, che lotta e muore per noi.
Più che un giudice è un amico, un Dio che, come dice il Vangelo, ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio non per condannare il mondo ma per salvarlo (Giovanni 3,21), un Dio di infinita misericordia (cioè di un amore che si riversa anche su chi non lo merita e non lo aspetta).

Non si tratta di conquistare Dio

si tratta di lasciarsi conquistare da lui, di accettare di essere amati (Egli per primo ci ha mostrato il suo amore).
Si, la ragione vuole certezze, che peraltro non potranno mai avere l'evidenza matematica: questa è fatta per giudicare un mondo al nostro livello e un Dio cui si giungesse in questo modo sarebbe appunto un Dio misurabile e descrivibile.
Se Dio per definizione è un essere creatore, trascendente, non possiamo che intravederlo come l'aldilà di tutti i nostri ragionamenti.
Un Iniziatore, un "Creatore del mondo", un'intelligenza ordinatrice, una libertà che fra i tanti modi possibili sceglie questo mondo: sono esigenze che la scienza indica senza poterle descrivere.
 
"Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato."(Giovanni 1,18)
Dio prende l'iniziativa di farsi vicino alla vita umana, di salvarla, di aprirla alla libertà, di farle dono della pace e della giustizia.
E spetta a Gesù (il comunicatore di Dio verso gli uomini) lasciare intravedere il volto del Padre con la novità del suo annuncio, l'autorità e la potenza dei segni che compie, l'apertura e il dono di sé che traspare dai suoi incontri con ogni genere di persone.

I tratti salienti del volto di questo Dio sono descritti nel linguaggio delle parabole, con cui Gesù si è rivolto alle folle e agli oppositori per convincerli ad accogliere la sua iniziativa e rispondervi con nuovi atteggiamenti di vita.

Dio è per Gesù come:
  • quel padre che accoglie e restituisce dignità al figlio che si era allontanato da casa (Luca 15,11-32)
  • quel padrone che rimette un enorme debito, esigendo però che venga condonato il piccolo debito del fratello (Matteo 18,23-35),
  • come quel padrone della vigna che fa della gratuità il criterio di ricompensa degli operai presi a giornata (Matteo 20,1-16)
  • come quel padrone del campo che pazientemente lascia crescere insieme grano e zizzania fino al momento decisivo della mietitura (Matteo 13,24-30)
  • quell'uomo benestante che ha invitato alla sua mensa i poveri che stanno ai crocicchi delle strade (Luca 14,16-24)
  • l'amico importunato nel mezzo della notte che va comunque ad aprire la porta (Luca 11,5-8)
  • un padre di cui i discepoli devono fidarsi perché egli sa di che cosa hanno bisogno ed è disposto a concederlo (Matteo 6,32)
  • un padre benevolo verso ingrati e malvagi (Luca 6,36)
  • un padre disposto al perdono purché anche i discepoli si aprano al perdono dei fratelli (Marco 11,25)

 

Emerge quindi un volto di Dio che continua a sconvolgere e nello stesso tempo a rasserenare la nostra ambigua coscienza religiosa, spesso legata ad immagini fin troppo umane del divino.

"Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Matteo 11,27), da cui si può cogliere tutta l'intimità esistente tra lui e Dio suo Padre; intimità che si esprime nella stessa preghiera di Gesù che gli si rivolge come "Abbà", "Padre".

Gesù è un uomo costantemente "davanti a Dio". Egli parla di Dio e soltanto di Dio e trae dalla propria profonda esperienza religiosa i criteri per agire e per giudicare.

Gesù intuisce in profondità la realtà perché vede le cose e le valuta a partire da Dio.
In tutto ciò che fa, e soprattutto nelle cose che sconcertano, Gesù intende unicamente rivelare il vero volto del Padre, il suo atteggiamento verso l'uomo, il suo amore per tutti.

Gesù è libero e al tempo stesso è totalmente obbediente a Dio (questa è la sua scelta).
Gesù ha vissuto la sua intera esistenza nell'obbedienza al Padre: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" (Giovanni 4,34).
Strano modo di intendere e di vivere la libertà! Ma, per Gesù, libero non è chi trasgredisce, né chi si riserva la possibilità di fare di volta in volta ciò che più gli piace, ma chi ha il coraggio di scegliere per la verità: noi siamo stati creati per vivere un'esistenza in dono, aperta verso gli altri; la verità che fa liberi è l'amore.
Gesù ha vissuto per primo questo ideale di vita: "chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà"( Marco 8,35): ogni vita diversa dalla vita di Gesù sfugge alla verità e perde la propria libertà.