Che cosa vuol dire essere "grande"?

• solo aver raggiunto la maturità "intellettuale"?
• o, semplicemente, aver raggiunto la maturità "sessuale"?
• o, piuttosto, aver imparato a sviluppare un amore altruistico e disinteressato (e non solo più il "voglio...per me stesso")? Sono grande perché gli altri sanno che possono contare su di me: io so dare qualcosa agli altri. Quando siamo capaci di dimenticarci di noi stessi per il bene degli altri, allora siamo un uomo e una donna... Tale passaggio avviene automaticamente o a caso? o, al contrario, dobbiamo "esercitarci nel "farci prossimo"? E da questi esercizi del "farsi prossimo" possono anche nascere vocazioni più specifiche, con scelte politiche, con scelte lavorative in cui si rinuncia a un maggior profitto per un più autentico servizio alle persone e ai gruppi...
  E, quindi, anche la sessualità umana o la maturità intellettuale raggiunta devono essere viste come contributi al "diventare grandi". In effetti la sessualità può diventare uno stimolo all'interesse e all'apertura verso l'altro sesso, alla realizzazione dell'essere per l'altro. In che misura riesco a vivere la sessualità in maniera corretta, nell'ambito del dono di me stesso e non la lascio debordare, come forza cieca e selvaggia, nell'ambito dell'arbitrarietà e della libidine?

Da che cosa riconosco il mio ideale di "persona"?

Che cosa vuol dire "realizzarsi"?

• avere, possedere di più,...?
• diventare migliori come persone, non fermarsi a quel che si é: diventare più "bravi", più sapienti, più generosi, più altruisti, più pazienti, più...?
• vivere una vita "vera", felice, in relazione con gli altri: non sono proprio il linguaggio, la nostra capacità di comunicare, il saper donare amore a caratterizzare e rendere unica la vita umana?
• avere un cuore nuovo dentro di noi, avere uno spirito nuovo, togliere il cuore di pietra e mettere un cuore di carne?
• ...

Come imparo a diventare una persona adulta capace di amore altruistico?
Come superare ogni mentalità di tipo "proprietario" e "padronale" nei confronti della mia e dell'altrui persona? non posso usare e abusare di ogni cosa quasi fossi arbitro supremo di me stesso, del mio corpo e delle mie pulsioni, come pure delle persone e del mondo circostante.

Il non pensare solo a me stesso non si presenta come un sacrificio, come inibizione, paura, senso di colpa, repressione di un linguaggio, frustrazione di potenzialità, ma si trasforma in un modo per crescere.
Devo imparare e non devo temere di dover imparare...

Ho bisogno di guardare ad un modello di persona che mi dia delle indicazioni: può essere solo un attore, un cantante,...(a giudicare dalla vita che conducono molti di loro avrei qualche dubbio!) ?
o deve essere qualcuno che ha dimostrato con la propria vita che cosa vuol dire vivere una vita "piena" di gioia e di pace, donarsi agli altri...?

La "purezza di cuore", di cui si parla nelle beatitudini evangeliche non può essere un buon inizio? Posso forse avvicinarmi agli altri senza una trasparenza mia interiore che mi faccia capace di cogliere, al di là di ogni ottusità e pesantezza, l'autentica voce del Creatore del mondo e degli altri.

Impariamo anche a fidarci della parola di Chi, anche se propone delle rinunce, educa alla più autentica maturità ed ha mostrato capacità di offerta e dedizione di sé nell'amore in misura impareggiabile... Rimane quindi sempre viva l'istanza di vivere la relazione con gli altri e con sé come l'ha vissuta Lui, il Signore.

Non parto da "ciò che fanno tutti", o da ciò che fa opinione nei sondaggi, ma da che tipo di uomo/donna voglio diventare in accordo con il piano del Creatore del mondo (l'unico che ha la ricetta della nostra felicità perché ci conosce: chi più del Creatore può saperlo?!...)