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una storia d'amore |
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se son dolori | |||||
spazio a... |
Che cosa posso dire dei miei genitori? |
"Mi hanno insegnato a camminare, tenendomi per mano... Mi hanno tenuto tra le loro braccia... Mi hanno attirato a loro con affetto e amore. Sono stati per me come chi solleva il proprio bambino fino alla guancia. Si sono abbassati fino a me per imboccarmi..." (cfr. Osea 11, 1) Oppure no?
E' importante sentirsi subito persona, piccolo uomo, chiamato per nome, amato, figlio di un padre e di una madre, con tante possibilità e capacità, non un numero, una cosa, un oggetto. Ma certo i genitori devono avere la voglia di amarmi, di farmi uscire da dipendenze e da schiavitù alienanti, di darmi sicurezza, di introdurmi nella vita, di abbassarsi a me per sollevarmi all'altezza della dignità umana, di nutrirmi con affetto e in abbondanza, senza mai abbandonarmi anche quando sbaglio... Qual è la mia reazione? - c'è piena sintonia, un rapporto "positivo" con i miei genitori..?, oppure: - ho voglia di scappare, di fuggire lontano... (tutto quel che vorrei è non somigliare a loro, sempre presi dalle loro occupazioni o, peggio ancora, dai loro litigi... ) Che cosa vorrei? - suscitare attenzione e interesse nei miei confronti da parte di chi mi sta vicino? - oppure, lamentare la povertà di comunicazioni significative e di amore genuino della mia famiglia, della comunità, della società, e andare in cerca di dialogo, di confronto e di affetto; - oppure, ricercare la possibilità di essere qualcuno, di essere padrone di qualcosa, di poter programmare e decidere, fare quello che voglio e come voglio senza essere comandato da nessuno. - ... |
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Alcune possibilità ...
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C'è una parabola, quella del figliuol prodigo (Luca 15, 11-32), che ci presenta i comportamenti di due figli. Il più giovane chiede al padre quello che gli spetta e parte per un paese lontano; cerca, insomma, la libertà rompendo ogni legame e relazione con suo padre Il figlio maggiore, rimasto in casa a vivere con il padre si chiude in se stesso e cerca di fare la sua vita: ha salvato la sottomissione, ma senza costruire né comunicazione né comunione. L'uno e l'altro si portano dietro dappertutto i loro conflitti interiori. Solo più tardi, almeno il più giovane scopre che la soluzione è dentro di lui, e decide di tornare a casa per ricostruire il rapporto giusto e amichevole con suo padre e con tutta la famiglia. |
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Invece della "fuga"...? |
La fuga può anche essere una forma di punizione da infliggere ai genitori, educatori, superiori distratti, egoisti, materialisti, prepotenti.
Come, invece, non fuggire dai conflitti interni e comunitari, ma risolverli? - Avrei bisogno di "amore" per evitare le fughe, superare le crisi, costruire comunione. Un amore paziente, generoso, rispettoso, un amore che tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza (cfr. Prima Lettera ai Corinzi 13)... E se provassi a parlarne direttamente con i miei genitori ? - Vorrei scoprire Gesù come amico, maestro di vita: la sua Parola potrebbe dare senso alla mia vita quotidiana. Dovrei anche passare dalla vita di fede da fanciullo a quella più adulta che richiede più autonomia, indipendenza e libertà, ma anche più criticità, coinvolgimento e responsabilità nella vita. E se iniziassi ad inserirmi in un gruppo fortemente umano e socialmente impegnato, coerente, motivato e vivo? Proprio facendo qualcosa di importante, per es. entrando in qualche progetto di solidarietà per quelli più bisognosi di me, di volontariato,... dimostrerei a tutti di essere veramente grande! - Vorrei trovare maestri-amici, non solo giudici intransigenti, padroni competitivi. Quando non si dialoga si è incapaci di vedere nella giusta dimensione e concretezza le crisi di fede, i problemi sessuali, le dinamiche di relazione con gli adulti, le prospettive per il futuro; di conseguenza le risposte sono vaghe ed evasive, non illuminanti, né propositive, né confortanti. Ma, forse, devo cercarli io stesso, senza aspettare che vengano a trovare me. Li cerco nel posto giusto? |
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Un piccolo obiettivo...
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Anche la mancanza della visione globale della verità e della vita può creare disorientamento, delusione e, di conseguenza, fuga.
Non ci si può perdere in formalità e cavilli... Essere "responsabili" significa essere pronti e capaci di "rispondere". La persona che ama risponde, dice Erich Fromm. Caino, per esempio, non ama e non sa rispondere di suo fratello: "Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?»" (Gen4,8-9) Chi ama si sente responsabile dei suoi simili, così come si sente responsabile di se stesso. E' in grado di "rendere conto" a sé e agli altri di quello che vuole e di quello che fa. |
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Non voglio solo "apparire" Vorrei anche "vivere"... |