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Capitolo 4 – La Chiesa, comunità educante
di Amministratore Utente - lunedì, 31 gennaio 2011, 17:10
  Riflessioni
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Intervento Dal SERMIG
di Amministratore Utente - lunedì, 31 gennaio 2011, 17:12
 

Parole chiave: sulla scuola

Riflessioni a partire dal documento edalla nostra esperienza:

· Abbiamo bisogno di una scuolacapace di avvicinarsi ai giovani con capacità di ascolto, per aiutarli aconoscersi e a costruire la loro identità.

  • Una scuola che si preoccupa di “entrare nelle case” dei ragazzi, per capire l’ambiente in cui tante loro difficoltà nascono e si moltiplicano.

· Una scuola che non si accontentadi dotare i giovani di competenze e abilità per renderli buoni esecutori, mache li prepari a sviluppare uno spirito critico e li abitui a pensare con lapropria testa.

  • Una scuola che educa i ragazzi ad “essere” prima ancora che a sapere, perché riconosce i ragazzi per quello che sono, prima ancora di valutarli per quello che sanno.
  • Una scuola che aiuta i giovani ad innamorarsi della vita e che li educa a vivere.
  • Una scuola non staccata dalla realtà, ma immersa nelle vicende del mondo e dei popoli, che aiuta i giovani ad entrare nella vita con la consapevolezza che il contributo di ciascuno è fondamentale.
  • Una scuola che li aiuta ad aprire le ali, a non aver paura; che li aiuta a mettersi in gioco con cuore, intelligenza e creatività; che accresce nei giovani responsabilità verso se stessi e il mondo, aiutandoli a diventare protagonisti della loro vita e della vita della società.
  • Una scuola capace di far conoscere chi è diverso per cultura, provenienza, religione, appartenenza politica, per formare cittadini capaci di dialogare e di rispettarsi a vicenda.

· Una scuola che sa diffondere lacultura del rispetto della vita, perché la sta sperimentando con i suoigiovani, capace di incoraggiare ciascuno a ricercare ciò per cui è fatto.

  • Una scuola capace di suscitare ideali per cui spendersi, risvegliando la speranza, che da troppi anni giace sepolta tra le ceneri di un sapere vuoto di senso.
  • Una scuola che non fa sentire nessuno fallito, ma che è in grado di portare tutti a raggiungere degli obiettivi. Quando un giovane “non funziona”, c’è sempre un perché.
  • Una scuola così ha bisogno di insegnanti che siano anzitutto educatori, di adulti che sappiano relazionarsi con i giovani con credibilità, maturità, autorevolezza e amore, consapevoli dell’importanza del loro compito.

Le nostre attività, nell’ambitodella scuola, si inseriscono all’interno di queste riflessioni, con lo scopodi creare quel “villaggio” educativo nelquale famiglia, scuola ed altre agenzie educative lavorino in spirito dicollaborazione, affiancando il giovane nel suo percorso di maturazione. Cisiamo “rimboccati le maniche” ed abbiamo iniziato a metterci in gioco in primapersona. Abbiamo capito che da soli non andavamo lontano. Abbiamo scoperto pocoper volta l’importanza di avere maestri fidati. Ci siamo trovati, noi giovaniqualunque, a diventare per amore maestri tra noi e di altri, che ilmondo giudicava persi, che la scuola aveva espulso considerandoli “mele marce”.Con passione, fantasia e metodo ci siamo messi al loro servizio, aiutandoli ariscoprire la voglia di pulizia, di pienezza, a trovare il senso della propriavita e a darle una direzione. Abbiamo capito che una scuola, un insegnante cheha un pensiero forte non teme le problematiche del proprio tempo, non teme dicercare insieme ai giovani dove sta il bene e dove sta il male, e nelle grandiscelte come nei piccoli comportamenti quotidiani ha il coraggio e l’autorevolezzaper dire al male “Fermati!” e incoraggiare il bene

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Intervento di Biancamaria Moschella
di Amministratore Utente - lunedì, 31 gennaio 2011, 17:13
 

parole chiave: nuove tecnologie; relazioni personali‘dirette’

Un’altra criticità consiste, amio modesto avviso, nel possibile rischio di contribuire involontariamente alla formazione di una mentalità che ponga inprimo piano gli strumenti rispetto ai contenuti.

Alludo in particolareall’attenzione prestata nei riguardi delle nuove tecnologie, cosìfamiliari tra i ragazzi, e che dovremmo riuscire a vivere e a far vivere sempre come strumenti dicomunicazione e mai come fini a sé stesse. Mi richiamo qui in toto ai ricchicontenuti del Capitolo 4- paragrafo 51: “Lacomunicazione nella cultura digitale”.

Di tale paragrafo mi sembrameriti una particolare sottolineatura l’invito a far vivere il valore dellerelazioni personali ‘dirette’, sempre più compromesse da una cultura checonfonde facilmente il virtuale con il reale e che rischia di essere, in questosenso, altamente diseducativa.

Ricordiamoci che il valore dellarelazione interpersonale è sommamente incarnato nella Trinità, perno del nostrocredere. Proprio per questo motivo dobbiamo sentirci fortemente interpellati dal fatto che l’attuale solitudine deigiovani li porti a rifugiarsi in rapporti sempre più irreali.

Guai a noi se non ci impegneremoad evitare che questo processo, già in uno stadio molto avanzato, diventiirreversibile.

salutocordialmente tutti. Biancamaria Moschella

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Risposta di SCUOLA CATTOLICA - T. Fraire
di Amministratore Utente - lunedì, 31 gennaio 2011, 17:15
 

Riguardo ai contributi ricevuti condivido e commento:

- la richiesta di una concretaalleanza educativa tra tutti i soggetti e le realtà coinvolte, per operare inmodo sinergico contrastando l’indifferenza/ostilità di tanti giovani verso la Chiesa, considerata lontanadalla loro vita.

- una ‘superpastorale’, per realizzarele proposte indicate dal documento per il decennio 2010-2020.

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Intervento di Suor Anna Maria Cia
di Amministratore Utente - lunedì, 31 gennaio 2011, 17:17
 

LA CHIESA, COMUNITA'EDUCANTE

Riprende alcuni concetti fondamentali: l’educazione è ilrisultati di ciascuno, certo, ma di TUTTI.

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Intervento di Anna Villa
di Amministratore Utente - mercoledì, 9 febbraio 2011, 08:01
 

Con il Progetto Condiviso della Curia “Per un uomo umano”, ho avuto la possibilità di entrare in contatto con diverse realtà scolastiche (dalle elementari alle superiori).

Possodire, prima di tutto, che, ovunque, l’accoglienza è stata molto buona, perché c’è fiducia nella Curia e perché il progetto risponde ad esigenze reali.

Gliincontri che svolgiamo vengono graditi anche dai ragazzi perché non si trattadi conversazioni sterili che non portano a nulla, ma si tratta di incontri che,sempre, portano ad una esperienza concreta che è davvero gradita.

Nelmio caso le esperienze affrontate sono state: le attività al Sermig e l’esperienza del Silenzio.

Ecco,la chiave, dal mio punto di vista, è l’aver collegato le tematiche affrontate all’esperienzialità. I bambini, i ragazzi, hanno bisogno di vedere percredere, per imparare e per capire. Ed hanno ragione, perché l’educazione passa attraverso l’esempio ed è dunque imitazione di un modello di cui si sia potuta fare esperienza.

Da quest’anno più progetti sono stati aperti alle scuole primarie e l’adesione èstata notevole. Le maestre cercano progetti proprio per poter “agganciare” i percorsi proposti in classe ad esperienze concrete. Gli argomenti, gli strumenti, le attività che proponiamo non si esauriscono nei 3-4 incontri, ma aprono un percorso più lungo da proseguire in classe con l’insegnante durante tutto l’anno. Questo può accadere grazie alla collaborazione che si crea proprio coi docenti.

Mi piacerebbe, per il prossimo, o i prossimi anni, riuscire a coinvolgere in più progetti le classi prime e le scuole dell’Infanzia (ovviamente adattando i percorsi all’età).

Si parla tanto di insegnare le lingue quando i bambini sono piccoli, perché sono molto recettivi. Io ne sono convinta, ma sono altrettanto convinta che la stessa recettività si possa far fruttare attraverso percorsi educativi rivolti alla formazione, intesa come “sviluppo armonioso di tutte le capacità dell’uomo e della sua vocazione” (pg.70).

In particolare,io credo che ci sia la necessità di iniziare presto, molto presto a gettare le basi per la crescita personale. Un bambino è una spugna, ma non ha grossi filtri.I filtri se li costruisce crescendo, ricorrendo agli strumenti che, man ,mano sarà riuscito ad acquisire.

Se io voglio andare in cima ad una montagna, mi devo allenare, non posso improvvisare, altrimenti rischio di farmi male, o di perdermi, o di mollare a metà strada. Ma se mi sono allenato, se ho portato l’attrezzatura giusta, se ho studiato bene il percorso, sarò in grado di tentare la cima e di ritirarmi quando mi renderò conto che le condizioni non sono giuste per affrontare la vetta.

I nostri piccoli scalatori hanno bisogno di cartine, attrezzatura ed allenamento e con le loro riserve inesauribili di energia ed entusiasmo, sono pronti a partecipare !

Anna Villa